ARTICOLO PUBBLICATO SU SOCIALNEWS.IT il 29 aprile 2019
Il giorno di Pasqua, lo Sri Lanka è stato scosso da una serie di attentati avvenuti quasi contemporaneamente nella capitale come in altre zone dell’isola. I morti e feriti sono centinaia e le azioni terroristiche non sembrano finite. L’allerta rimane alta.
Il Dipartimento di Stato Usa, infatti, ha annunciato che gruppi terroristici starebbero pianificando nuove azioni volte a colpire località turistiche, chiese, alberghi, aeroporti.
Il governo ritiene che dietro questi attacchi ci sia il National Thowheeth Jama’ath, gruppo estremista islamista locale che, grazie all’aiuto dell’Isis, sarebbe riuscito ad organizzare una perfetta sequenza di stragi.
l’impiego di diversi kamikaze su più obiettivi e la precisione con cui sono stati programmati gli attentati evidenzia, al di là di qualsiasi prova, un’organizzazione, una strategia militare e una capacità di plagiare e pilotare gli attentatori suicidi tipica prima di Al Qaeda e poi dell’Isis.
Alla base di questi attacchi c’è infatti una pianificazione lunga e dettagliata che poco ha a che fare con un gruppo estremista che fino all’anno scorso si “limitava” a vandalizzare alcune statue di Budda.
L’Isis, attraverso la sua agenzia Amaq, ha rivendicato gli attentati, cinque dei sei kamikaze sono stati identificati come srilankesi: Abu Barra As Sailani, Abu Muktar As Sailani, Abu Ubaida As Sailani.
I legami fra Sri Lanka ed Isis sono stati realizzati da Abu Shuraih Sailani, una recluta dello Srilankese che si è recata in Siria all’inizio del conflitto in Medio Oriente. Quando il califfo Abu Bakr al Baghdadi ha invitato i musulmani da tutto il mondo a emigrare in Siria e in Iraq, un totale di 41 musulmani dello Sri Lanka provenienti da due famiglie allargate si sono recati in Iraq e in Siria.
L’azione paramilitare dell’Isis si è spostata negli ultimi anni in sud est asiatico ed ora in Sri Lanka perché questo offre sia una posizione geografica che una disorganizzazione culturale ed istituzionale perfetta per chi vuole creare disordini e violenze. Le tensioni multietniche e multireligiose, presenti nel paese, stanno offrendo quindi terreno fertile all’estremismo islamico.
Lo Sri Lanka è da sempre caratterizzato da scontri armati fra fazioni. Basti pensare che per 30 anni ci fu una guerra civile (finita nel 2009) fra la parte governativa cingalese dell’isola, di cultura buddista, e il nord di etnia Tamil, di religione induista, che combatteva con una struttura paramilitare conosciuta come le “Tigri Tamil” del gruppo politico LTTE.
Finita la guerra civile con la crescita della comunità mussulmana cominciarono gli scontri tra la maggioranza cingalese buddista e gli islamici facenti parte dei gruppi sunniti salafiti.
L’estremismo islamico nel sud-est asiatico, invece, nasce nelle Filippine. Il nome del gruppo più grande è Abu Sayyaf. In passato è stato uno dei principali partner della rete di Al Qaeda e molti dei suoi membri hanno combattuto a fianco di Bin Laden in Afghanistan.
Negli ultimi 3 anni più di 60 gruppi nel sud-est asiatico hanno giurato fedeltà all’Isis. Il rischio è che l’ideologia del sedicente Stato Islamico possa espandersi in questa zona del mondo a causa della perdita di terreno in Medio Oriente. Il trampolino di lancio per la conquista del sud-est asiatico è rappresentato dall’Indonesia, la più grande nazione del mondo a maggioranza mussulmana..
Nell’isola di Ceylon la comunità mussulmana è cresciuta progressivamente raggiungendo come numero l’etnia Tamil. Si localizzata prevalentemente ad est fra la zona centrale e quella sud. È una popolazione di commercianti, multietnica mantenuta unita dall’ideologia salafita sunnita e dai finanziamenti arabi è sauditi.
Fino ad ora, i musulmani dello Sri Lanka sono stati una comunità modello. Avevano lavorato insieme al governo per sconfiggere le Tigri Tamil. Avevano sofferto la pulizia etnica e sopportato massacri contro le loro moschee. Forse anche per questo motivo il governo ha chiuso molti occhi quando predicatori salafiti reclutavano e plagiavano giovani da utilizzare come bombe umane.
Adesso però risulta evidente come lo Sri Lanka stia diventando terreno di radicalizzazione islamica come già avvenuto in nord Africa prima ed in Indonesia poi. Ma a questo proposito non possiamo escludere come l’escalation di violenza terroristica potrebbe anche rappresentare un tentativo di controllo dell’oceano indiano da parte di potenze straniere, Paesi arabi, ma anche il Pakistan nella eterna lotta con India e Cina.
Al piccolo Sri Lanka non rimane quindi altro che investire tutto su un’educazione nazionale piuttosto che avere scuole separate per musulmani, cristiani e buddisti. Solo con una corretta integrazione delle varie correnti religiose ed etnie potrà evitare alla popolazione dell’isola di vivere in una continua guerra civile.